Smart working: una soluzione della P.A. per limitare gli sprechi
Con la pandemia il mondo del lavoro ha subito un piccolo cambiamento. Lo “smart working” ha preso il sopravvento diventando così un ottimo alleato contro gli sprechi nella Pubblica Amministrazione.
In poche parole, la diffusa adozione di una domiciliazione degli impiegati come misura restrittiva anti-contagio ha fatto emergere in piena luce due tendenze complementari, ma opposte. Da un lato, esiste allo stato attuale una vasta fetta di servizi amministrativi che può essere esercitata in rete, senza ricorrere a uffici fisici. Dall’altro, tra i lavoratori dell’Amministrazione Pubblica un’alta percentuale trova più utile lavorare da casa che in ufficio, e proprio per questo preferirebbe continuare a lavorare in smart working anche dopo la fine dell’emergenza coronavirus.
Ma perché sono complementari quando poi sono a loro volta hanno effetti opposti? È molto semplice. Con il passare del tempo i due approcci possono diventare incompatibili. Lavorare a casa infatti produce un calo netto nell’efficienza e nell’efficacia dei servizi al pubblico, perché diventa in sostanza un’espediente per lavorare di meno, con meno controlli, e per diradare la responsività e l’operatività dei servizi stessi nei confronti dei clienti e/o degli utenti. Viceversa, c’è meno controllo sull’operato dei dipendenti.
Meno sprechi e più servizi
La Pubblica Amministrazione adottando lo smart working potrebbe tagliare spese per sedi, consumi, forniture, e ricalibrare la posizione della manodopera offrendo un maggiore ventaglio di condizioni contrattuali: dando cioè la possibilità di bilanciare l’eventuale elasticità degli orari e la libertà di movimento con una proporzionale revisione al ribasso del numero del personale, delle sue retribuzioni, delle sue progressioni di carriera. Se si adottasse in maniera concreta la possibilità di digitalizzare le Pubbliche Amministrazioni si porrebbero creare le basi di una autentica rivoluzione nella filosofia italiana dell’amministrazione. Una rivoluzione che, sommata ad una politica ferma di costi standard su tutti i servizi e al loro pieno inserimento in una logica di mercato, aprirebbe spazi finora inimmaginati e inesplorati per una riduzione sostanziosa della spesa pubblica.