Il modello torinese corre il rischio di diventare un bonario esempio per altri comuni: avvalersi dell’aiuto dei migranti per poter contrastare lo spreco alimentare. Il tutto, all’interno di un programma ribattezzato ‘ecomori’ (così lo ha chiamato Paolo Hutter, del portale Eco delle Città, tra i coordinatori del progetto, unendo il prefisso di ecologico con moru, l’epiteto piemontese con cui si identificano le persone di colore), nato con una ricetta davvero semplice: permettere a un gruppo di profughi ospite dei centri della città, di raccogliere nel mercato all’aperto più grande d’Europa la frutta e la verdura che gli ambulanti sarebbero indotti a buttare.
“Abbiamo iniziato con pochi ragazzi, ma con il passare del mese l'iniziativa è piaciuta e ora sono 25 i migranti che si alternano nell'attività di raccolta - spiega Paolo Hutter - Loro si rendono utili e contribuiscono a costruire una cultura del riuso e a fare la differenziata”. E così, già da alcuni mesi i ragazzi portano cassette piene di frutta e di verdura su un banco al limitare del mercato, e a partire dalle ore 14 iniziano la distribuzione. Tutto ciò che non si può consegnare viene poi posto all’interno di bidoni per la differenziata e successivamente ritirato da Amiat, che insieme alla città di Torino e alla fondazione Crt sostiene il progetto.
“ A giugno la raccolta dei rifiuti organici è cresciuta del 120 percento racconta Erica Carnevale, una delle ragazze che coordina il gruppo - Parte di questo miglioramento è anche merito del loro lavoro”. Durante l’estate, la quantità di cibo che è stata così raccolta giunge a quota 500 chili al giorno. Una mano d’aiuto concreta che punta a raggiungere più obiettivi contemporaneamente, e che sta per essere oggetto di replica anche in altre città della Penisola.