Una delle più grosse ansie in materia di cibo, per una società consumistica come la nostra, è la data di scadenza. Controlliamo ossessivamente quella data ogni volta che cerchiamo un prodotto, specie se sappiamo che non lo consumeremo molto presto. La data di scadenza ci fa impazzire.
E poi c'è il termine minimo di conservazione. Come? Non sapete cos'è? Beh, è comprensibile, non tutti fanno caso alla differenza. Allora lasciate che vi spieghi.
La data di scadenza: quel 'da consumarsi entro' che non ci fa dormire
La data di scadenza implica un termine dopo il quale non è possibile consumare gli alimenti. E' una data tassativa, che non può essere ignorata. Anche un solo giorno può fare la differenza, perciò è bene sempre farci caso prima di consumare un prodotto alimentare.
Il termine minimo di conservazione: quel 'preferibilmente' che fa la differenza
Da consumarsi preferibilmente entro ... la gran parte di voi avrà sicuramente riconosciuto questa espressione. Sì, sembra del tutto identica a quella della data di scadenza, ma c'è quel 'preferibilmente' che cambia di molto le cose.
Per termine minimo di conservazione, il quale viene applicato solo e soltanto ai prodotti alimentari non deperibili, si intende un termine facoltativo, ovvero un’indicazione entro cui consumare il dato prodotto. La differenza tra la prima e la seconda definizione si pone nell’avverbio usato: la data di scadenza, come dicevamo, è tassativa, e non va mai, assolutamente, superata; il termine minimo di conservazione offre, come dire, un consiglio su quanto sarà possibile tenere il prodotto.
Data di scadenza vs. Termine minimo di conservazione: dove sta quale?
La data di scadenza è obbligatoria su tutti i prodotti alimentari deperibili, ovvero:
- Latte e prodotti caseari in genere
- Pasta fresca
- Carni fresche
- Pesce e prodotti di acquacoltura freschi
Per legge, i produttori devono indicare giorno, mese e anno, oltre che esplicitare le condizioni di conservazione (o la temperatura, nel caso dei prodotti da frigo).
Il termine minimo di conservazione (TMC) è presente soltanto sui prodotti non deperibili, i quali sono suddivisibili in base alla conservabilità:
- Meno di 3 mesi
- 3-18 mesi
- 18 mesi e più
Superato questo limite di tempo, è possibile comunque consumare il prodotto senza problemi, ma le proprietà dello stesso saranno ridotte, se non addirittura nulle.
Termine minimo di conservazione: i casi dubbi
Non tutti i prodotti alimentari si conservano allo stesso modo, l’abbiamo visto. Tuttavia, per alcuni, il TMC può dirsi alquanto variabile, come nei seguenti.
- Succhi di frutta. Il TMC applicato a questi prodotti solitamente è 6-12 mesi, che però pare non tenere conto del fatto che le bevande già dopo 6 mesi iniziano a presentare un inasprimento o comunque un indebolimento del sapore.
- Caffè e olio extravergine di oliva. Questi prodotti hanno un TMC molto più lungo (12-24 mesi), tuttavia anche qui riscontriamo problemi col sapore.
Quando invece è possibile ignorare il TMC senza troppi problemi?
- Biscotti. Si può sforare di un paio di settimane rispetto al TMC di 8 mesi.
- Pasta secca e riso. Qui il TMC è molto esteso: 24-30 mesi. Tuttavia è possibile sforare anche di un paio di mesi.
- Surgelati. Generalmente possono essere consumati un paio di mesi dopo il termine di conservazione minimo.