A un anno di distanza dall’intervento della magistratura, che andò a indagare sul nuovo tunnel del Tenda, infrastruttura che avrebbe dovuto rendere più rapidi e moderni i collegamenti tra Italia e Francia, continua a crescere il conto da pagare.
Quello che all’epoca era il più grande cantiere del nord sta infatti andando incontro a nuovi sviluppi, con l’Anas che ha rescisso il contratto con Fincosit “per gravi inadempienze” e l’azienda che ha annunciato il ricorso al Tar. Il risultato è che il cantiere è fermo, o quasi.
L’inaugurazione è prevista nel febbraio del 2020, ma nessuno crede al rispetto di tale data che, probabilmente, potrebbe in realtà tramutarsi in quella in cui i lavori riprenderanno (a patto che scatti il subentro in cantiere, una pratica complessa della durata di almeno un anno).
Nel caso il passaggio di consegne subisca intoppi, ricorda un recente articolo del Corriere della Sera, sarà invece necessario ripartire da zero con un nuovo bando, con conseguente allungamento per diversi anni.
A pagare le spese di tutto ciò sono, ovviamente, i dipendenti. E non è un caso che la settimana scorsa proprio all’imbocco del tunnel manifestassero gli operai di Fincosit, una settantina di addetti arrivati da Puglia, Lombardia e Albania, che hanno perso il proprio impiego.
Non solo: alcuni imprenditori di Limone Piemonte, che sono stati costretti a far circolare turisti e merci per il vecchio tunnel di fine Ottocento, hanno annunciato una class action contro Anas, mentre il sindaco di Tenda Jean Pierre Vassallo ha consegnato una denuncia al prefetto di Nizza per «procurata catastrofe economica ed ecologica» domandando al governo francese di riscattare la propria quota del 42% sui 176 milioni del valore complessivo dell’appalto.