L’Ansa ha riportato alcuni estratti di una lettera che il 28 marzo 2020, ad un mese dallo scoppio dell’epidemia da nuovo coronavirus, il direttore generale dell’Istituto Giuseppe Calicchio, ora indagato per epidemia e omicidio colposo nell’inchiesta della procura del capoluogo lombardo, inviava ai rappresentanti sindacali dei lavoratori.
Nella lettera si legge che in un contesto in cui "l'approvvigionamento" di mascherine e dispositivi di protezione "è particolarmente difficoltoso", il Pio Albergo Trivulzio di Milano "ha scelto di evitarne lo spreco laddove non necessari" e di "favorirne, già dal 23 febbraio, la disponibilità laddove il personale sanitario è invece chiamato ad operare utilizzando aerosol, e con pazienti e ospiti con sintomatologie respiratorie e/o febbrili".
Nella stessa lettera, ancora, il manager del Pio Albergo Trivulzio aveva dichairato che “l'Azienda non può che attenersi scrupolosamente alle disposizioni emanate a livello nazionale" e "regionale" sui dispositivi di protezione che fanno "espresso riferimento alle disposizioni impartite dall'Organizzazione mondiale della sanità".
Ne deriva che, secondo quanto affermato dal direttore generale Calicchio, la scarsità delle mascherine e le norme in vigore, impedivano di fatto la messa a disposizione dei presidi di protezione individuale in favore di tutto il personale.
Un ulteriore tassello in una drammatica vicenda che, ne siamo certi, farà discutere ancora a lungo, e non solo sul fronte giudiziario.