In un Paese sostanzialmente bloccato – rammentava qualche giorno fa il quotidiano Il Sole 24 Ore – una conferma di tale ben poco invidiabile status arriva lo stesso documento di politica economica dell’esecutivo. Il Def, allegato infrastruttura, riporta infatti i dati di una indagine compiuta su 57 lotti dal valore medio di 533 milioni di euro, di 20 grandi opere. Scoprendo che per poter finire un’opera servono mediamente 15 anni, e il 66% di questo tempo viene assorbito dalle fasi che precedono i lavori. Insomma, per poter realizzare un’infrastruttura, la maggior parte del tempo viene sprecato in bolli e carte.
In particolare, si legge anche nel documento, le fasi precedenti al cantiere sono “caratterizzate dal complesso iter progettuale e autorizzativo e dall’affidamento dei contratti”. Alla luce di ciò, il ministero delle Infrastrutture non può che ammettere come tali dati “confermano le analisi svolte dall’Uver e dall’Ance in passato. Vi è quindi da un lato un problema di efficienza che riguarda il processo decisionale dell’opera pubblica e, in particolare, quelli che Uver ha definito “tempi di attraversamento”, riferendosi al complesso iter autorizzativo dell’opera nelle sue diverse fasi”.
Tempi di attraversamento che incidono per il 60% (e oltre) del totale del tempo, rendendo dunque minoritari i mesi necessari per l’esecuzione dei lavori. Tempi sostanzialmente morti, di ordinaria burocrazia, spesso necessari per il passaggio da una fase all’altra, da una pubblica amministrazione all’altra, a una decisione all’altra.