È quanto emerso dalle ultime statistiche fatte dal Cnel. Difatti, la spesa media aggira intorno a 157 euro per individuo, spesa che sale addirittura a 210 euro nei Comuni sotto i 3 mila abitanti. Dati questi di certo non positivi. Analizzando in profondità, infatti, risulta che il Nord-Ovest ha una spesa poco meno inferiore del Sud, ovvero pari a 169 euro contro i 161, ma si allontana sensibilmente dal Nord-Est, la cui spesa ammonta a 127 euro.
Le ragioni di questo squilibrio? I comuni più piccoli fanno una maggiore richiesta di personale pari al 60%. Ciò dimostra che forse è necessario applicare delle politiche specifiche volte a stimolare la fusione dei piccoli enti. La Liguria, ad esempio, è la regione che spende di più, ovvero 229 euro. A seguire c’è poi il Veneto con una spesa pari a 123 euro e la Puglia con 117 euro per abitante. Una disuguaglianza forse dovuta al diverso apparato amministrativo oltre che dimensionale. In Puglia la dimensione media è di circa 15.600 abitanti, contro gli 8.400 abitanti del Veneto.
Inoltre, le grandi città del Nord hanno costi pro capite maggiori del Sud, ossia 121 euro contro 107 euro. Secondo Emanuele Padovani, professore associato dell’Università di Bologna, il modello che garantisce la massima efficacia è sicuramente quello dei Comuni con più di 50mila abitanti del Nord-Est, in cui si investono molte risorse finanziarie derivanti dalla fiscalità generale e si raggiunge il maggior numero di persone e beneficiari di contributi in rapporto alla dimensione demografica. Diversamente, nei grandi Comuni del Sud la situazione è più difficili, in quanto pur investendo un numero di risorse della fiscalità generale non si riesce a soddisfare le reali esigenze della comunità locale.
Lucia Franco