Un dipendente Alitalia, stanco degli ennesimi tagli al personale e della malagestione dell’azienda per cui lavora da oltre vent’anni, ha scritto una lettera in cui sfoga le frustrazioni sue e di altri colleghi. Nello sfogo si legge: “Nel 2008 di fronte allo spettro del fallimento abbiamo accettato una schifezza di contratto senza un minuto di sciopero con sindacati che hanno firmato su carta bianca lasciando a casa 12000 persone. Abbiamo accettato e dopo 6 anni alitalia ci ha lasciati con un buco superiore a quello fatto dallo stato in decenni di amministrazione pubblica e con più di 5 miliardi di euro scaricati sulle teste dei contribuenti per pagare casse integrazioni da fuori di testa. [...]”. Questa è solo una parte della lettera-fiume circolata sul web in questi giorni che dà voce a dipendenti e sindacati.
La gestione negli ultimi anni
I primi grossi interventi sulla compagnia risalgono al 2008 durante il governo Berlusconi, quando, decretatane l’insolvenza, la gestione passò ai “capitani coraggiosi” capeggiati da Roberto Colaninno con la regia di Intesa San Paolo. Il salvataggio costò ai contribuenti più di tre miliardi di euro e permise l’ingresso di Air France con una quota di minoranza. Si dovette far così da parte la tedesca Lufthansa, in trattativa con il governo Prodi, che non poté entrare tra gli azionisti. Il motivo fu, si disse, l’eccessiva sindacalizzazione di Alitalia. Nel 2014, poi, si fece entrare tra gli azionisti Etihad, che detiene ancora il 49% della compagnia aerea, con un investimento di 500 milioni di euro. Nonostante il risanamento realizzato grazie alla compagnia emiratina, dal 2015, con l’amministrazione di Silvano Cassano e l’attuale ceo Cramer Ball, l’azienda perde più di un milione di euro al giorno.
Gli sprechi oggetto dello sfogo del dipendente
Leasing e strategie industriali
A essere messa in discussione nella lettera è soprattutto la gestione nei confronti di alcune scelte storiche che hanno influito negativamente nell’economia della compagnia, come i contratti di leasing per gli aerei che costano il 10% in più rispetto alla concorrenza. Altre accuse vanno alle strategie industriali, per cui i contratti firmati per la joint-venture con Air France-KLM e Delta impedirebbero di sfruttare alcune destinazioni più remunerative per gli Stati Uniti. Molti voli sarebbero stati sacrificati per l’apertura della destinazione di Città del Messico, come ad esempio quello per Toronto, chiuso per tutta la stagione invernale (anziché per due mesi come negli anni passati).
Il mancato accordo con Ferrovie dello Stato
La frustrazione è dovuta anche al mancato accordo con le Ferrovie dello Stato, che da anni viene annunciato e mai intrapreso, e che farebbe perdere ad Alitalia milioni di euro per tratte nazionali quali Napoli-Roma, Bologna-Roma, Firenze-Roma. I lavoratori sono costretti quindi a pagare per malagestione e mancanze di Stato e amministratori al timone.
Restyling della divisa e altre spese superflue
Sotto accusa, ancora, spese eccessive ed evitabili come la realizzazione e l’acquisto delle nuove divise, costate 20 milioni di euro e cambiate solo quattro anni prima, e le relative presentazioni in grande stile all’auditorium Parco della Musica di Roma e alla Triennale di Milano. Criticati anche gli interventi di restyling degli interni degli aerei buttati via dopo solo pochi mesi e la manutenzione degli aerei spostata ad Abu Dhabi, così come i corsi per formare 7.000 persone svolti nella capitale emiratina. Si è aperta, inoltre, una diatriba sulle vaschette monoporzione di alluminio utilizzate per servire i pasti a bordo: nella lettera si parla di un’importazione di queste da Abu Dhabi, che la compagnia giustifica come parte degli acquisti congiunti fatti in ambito EAP (Etihad Airways Partners) che avrebbero invece costituito, addirittura, un risparmio per 100 milioni di euro.
Forte la delusione di sindacati e lavoratori
Come osserva anche il segretario generale Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi, ci si doveva rendere conto prima di costi e strategie sbagliate, per poter riprendere le redini della situazione: “Dopo due anni di gestione, rendersi conto da parte di Etihad che le alleanze con Air France KLM e Delta limitano lo sviluppo delle rotte e che Alitalia paga leasing con costi fuori mercato, ci lascia basiti”. Il segretario generale afferma che la colpa non è di certo soltanto dell’ultima gestione, ma che una serie di scelte sbgaliate prolungate negli anni hanno destinato la compagnia al fallimento. Confermato, di conseguenza, lo sciopero del 23 febbraio, con cui sindacati e lavoratori chiedono l’intervento del Governo: “Alitalia si può e si deve salvare nell’interesse del Paese e dei dipendenti”.